Isa Petrozzani

 

Pittrice

 

 

 

 

 

 

Molti critici hanno parlato del suo lavoro, tra gli altri:

 

Amodei, Angelini, Antonioni, Baldini, Balestreri, Bandini, Becherucci, Bellocchio, Bongi, Bosi, Brigaglia, Burattin, Colacicchi, Conti, Corti, Del Massa, Dovati, Del Massa, Francini Ciaranfi, Gallo, Gambetti, Gaudio, Ghiglione, Giacomozzi, Giannelli, Grazzini, Jacorossi, Landi, Mariani, Marsan, Martinelli, Masciotta, Messori Roncaglia Mari, Miele, Orienti, Novi, Parronchi, Pelagatti, Personé, Podestà, Riva, Scarpa, Settala, Viardo, Zanzi, ecc.

 

 

 

Luigi M. Personé (1952) :

 

C'è, in questa pittrice, una complessa fonte interiore, psicologica, umana e cerebrale, alimentata da vere sofferenze e da esperienze culturali.

 

 

Aurelio Bellocchio (1955) :

 

I ritratti, pur tenui e tonali, svelano un sostenuto impianto disegnativo, e le pitture d'insieme, saggezza compositiva.

 

 

Attilio Podestà (1955) :

 

I dipinti più spogli e mortificati sono quelli poeticamente essenziali e più vivi.

 

 

Alfredo Bongi (1956) :

 

È spirituale e delicatamente tonale.

 

 

Flora Antonioni (1961), commentando il suo ritratto, eseguito da Isa Petrozzani :

 

“Isa mi dipinse come in un sogno doloroso ad occhi aperti e il sogno rimase fisso in me, con l'impalpabile potenza di un'ombra impastata di luce e di ricordi”.

 

 

Attilio Podestà (1963) :

 

A forza di insegnare agli altri il coraggio, Isa Petrozzani lo ha insegnato a se stessa. Evocare le cose vuoI dire richiamarle nella memoria con tutto quanto noi aggiungiamo dei nostri ricordi e con quanto mettiamo della poesia che possediamo.

La pittura di Isa Petrozzani che un tempo viveva di rapporti di colori di linee e di masse, trepidamente sensibilizzati e timidamente portati alle esigenze del temperamento, ora si avvia a vivere di rapporti di sentimenti e di incantamenti.

 

 

Rinaldo Burattin (1963) :

 

Ha nel colore-luce la componente o il mezzo più congeniale per la sua enunciazione totale, insofferente dei facili opportunismi, di ogni ripiego d'accatto o di maniera, la Petrozzani s'affida ai sui timbri di colore coi quali avvolge i propri passionali colloqui in chiave magica, nell'idillio o nel nirvana delle più infinite, affocate filtrazioni liriche.

 

 

Valerio Mariani (1963) :

 

Rivela la sua larga e diretta interpretazione della realtà, esprime l'intensità della visione e l'impegno dello stile.

 

 

Flora Antonioni (1964):

 

Gli Alberi della Petrozzani, scarnificati, appaiono come un ricordo fatto di nostalgia. Il mare è velatura sottile, trasparenza magistrale, melodia che rincorre altre melodie sommerse. Le vele sono gabbiani nel silenzio di spazi infiniti.

I camini di Firenze - visti dalle finestre dello studio - appaiono come fantasmi di inverni senza tempo, paragonabili ai volti del quadro "La folla", in cui ogni viso par vivere isolato nella propria nebbia.

 

 

Attilio Podestà(1966) :

 

Chi ha dato a Isa Petrozzani tanta libertà, tanta possibilità di immagini oggettivate, di metafore cromatiche, di parole verdi e grigie e oro vecchio e blu acciaio, di una musicalità sempre sommessa?

In questo "Boccadarno" la freschezza inattesa dei bianchi dà un tono d'apparizione alle cose.

 

 

Attilio Podestà(1967) :

 

I dipinti esposti alla Quadriennale sono di un' effusione lirica nuova. Timbrata e vigile. In un nucleo figurativo che si rarefà, ma, nello stesso tempo, si fà più esplicito, si specchiano, non le concrete prospettive, ma la memoria poetica di paesi e di fiori.

 

 

Luisa Becherucci (1967) :

 

La sua immagine sembra giungere attraverso un lungo percorso ad approdi di sofferto lirismo.

 

 

Mario Brigaglia (1970) :

 

In Sardegna la sua pittura si è fatta più libera e aperta nel gesto, il giro è più ampio e spontaneo, come se alla dissoluzione dei grumi psicologici sia stata contemporanea la purificazione della abitudini stilistiche, il rifiuto di quegli schemi che anche l'artista meno tributario della tradizione finisce per assorbire.

Di qui in avanti questa pittura può anche continuare a cambiare ancora, né è facile prevedere se questo avvverrà necessariamente, né come. Ma il viaggio è ripreso, il mondo s'è fatto di nuovo colore, e la vita un tumulto di esperienze visive e di vicende del cuore, da dire tutte per pittura.

 

 

Luisa Becherucci(1972) :

 

Da anni seguo il percorso artistico di Isa Petrozzzani, con la soddisfazione di non vederla arrestarsi mai neanche quando le sue conquiste pittoriche sono tali da poter sembrare definitive.

I temi attuali sono scogliere della Corsica che divengono un febbrile rincorrersi di scheggie sui mari cupi, è il paesaggio innaturale dei grattacieli di New York, trasfigurato, nel gioco magico del colore luminoso, in una ridda di larve.

Sentiamo che questa impegnatissima lavoratrice ha ancora davanti a sé un lunghissimo e imprevedibile avvenire.

 

 

A.M. Francini Ciaranfi (1976) :

 

Isa Petrozzani si definisce espressionista.

E un'artista seria, una lavoratrice tenace. Questa creatura "fiammeggiante" ha veduto molto, ha girato il mondo.

Quello che essa vede lo rivive e lo libera per noi dalla realtà oggettiva: i pilastrini della strada napoleonica di Finale si mutano, in un sogno evocatore, nella lunga fila dei soldati di Napoleone.

 

 

Michelangelo Masciotta (1979) :

 

Isa Petrozzani, una delle donne più inquiete che conosca, vuole vivere la sua vita di donna che crede nell' arte, nel colore. Il colore, per lei, è un dato costruttivo, un modo di dare forma agli elementi compositivi, ai valori volumetrici, ai piani prospettici.

Talvolta, cogliamo un maggiore senso di distensione, specialmente quando sfiora la carta dei pastelli con tocco necessariamente più leggero. Distensione, ma anche liberazione, come per un respirare più lungo e più aperto.

 

 

Michelangelo Masciotta (1982) :

 

Isa Petrozzani s'accosta ai soggetti umani con inquietudine, ogni persona ha un segreto da svelare, un bene perduto.

 

 

Attilio Droandi (1987) :

 

Il suo dramma è sempre una interpretazione sia di luoghi che di fatti umani, una vigorosa esposizione di emozioni fortemente ricevute e ricostruite sulla tela o sulla carta per renderne gli altri vivamente partecipi.

 

 

 

 

Francesco Bandini (ricordo del 1990) :

 

Così sommersa in apparenza, così velata di tutti i possibili incantamenti della realtà filltrata sino agli estremi limiti della smaterializzazioone, incarna l'espressionismo nella sua più pura eccezione.

 

Eppure la pittura di Isa, dapprima allieva di Primo Conti e poi sua collega di quel Gruppo Donatello, in cui portava l'esperienza dell' antico insegnamento espressionista ma "reinventandolo" in forme dalle tonalità così rarefatte e personali dovute ad una tavolozza che in lei diviene di volta in volta strumento per piegare il colore e tradurlo in elegia pittorica della solitudine umana, del dolore incompreso, di un silenzio in cui è possibile ritrovare tutte le voci arcane dello spirito; quelle voci che nessuno più ascolta nel fragore del mondo.

 

Ricordo ancora il piacere di Isa, espresso con quella voce rauca e sommessa, la sua stessa figura, alta e scarnificata sù fino al volto contornato da una massa di capelli, argentei, misti all' alone di fumo dell' eterna sigaretta, al mio apparire nella saletta di quel Circolo ad Arezzo dove insieme all' amica di sempre, Elisa Bottèro, teneva una sua "Personale".

Una gioia che, nello scambiare con il più giovane amico, impressioni sul proprio lavorare, ricordi fatti di nostalgia, di tempi fuggiti, di solitudini inconsolabili, eppure ancora evocazioni pure, essenziali come tutto il suo stesso essere operatore di cultura, ritrovava un calore impastato di suoni e colori legato a memorie lontane.

 

Quanti gli amici e gli storici dell' arte che hanno scritto di lei, dei suoi gabbiani perduti nel silenzio di spazi infiniti, e di quei volti, fantasmi di inverni senza tempo intrisi dell'omnipresente impalpabile fumo, quasi una nebbia a racchiuderli nella propria pena al di là della stessa vita.

 

Fiorentina per scelta culturale ma cittadina di quella vecchia Europa che ancora tanto aveva da dire e dare a quel nuovo mondo (ben diciassette le università americane presenti a Firenze) al quale lei, insegnante di pittura all'Accademia americana di "Villa Schifanoia" trasmetteva tutta la sua profonda sensibilità.

 

 

 

Vittoria Corti (ricordo del 1990) :

 

Era estroversa, spavalda e impaziente. E sempre in movimento. I suoi interessi, i suoi pensieri, i suoi sentimenti giravano tutti intorno alll'arte.

Di questa passione faceva parte anche l'insegnamento, che conduceva in modo forse unilaterale, ma con un entusiasmo esaltato che impressionava efficacemente gli allievi. Insomma metteva della furia in tutto quello che faceva.

 

Con gli anni fissò la sua preferenza sui paesaggi, dove - più direttamente e liberamente - poteva esalare la sua scontentezza, ora in modi frenetici (pennellate larghe e convulse, ora fissandosi su immagini di immobile e disciplinata desolazione: nei dipinti, allora, c'erano molti spazi vuoti e i temi erano le spiagge preistoriche della Sardegna, gli acquitrini della Maremma, o, anche, i mostruosi grattacieli americani.

Negli ultimi quadri (tra cui quello che le rimase a mezzo sul cavalletto) c'è un' ottica violentemente deformata, con evidenti sottintesi tragico-allegorici.

 

Davanti alla sua opera - se la pensiamo complessivamente - abbiamo la sensazione di una evoluzione stroncata prima della conclusione.

 

E' vero che ogni artista (anzi, ogni essere umano) parte da questa vita in uno stato d'incompletezza. Ma nella Petrozzani (mi pare) è particolarmente evidente che il discorso è rimasto interrotto.

 

 

 

 

 

 

 

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